L’ETÀ DEL FERRO

Gli ultimi 150 anni di storia della città di Savona raccontati attraverso la storia della sua fabbrica più importante, l’ILVA.
Uno stabilimento, fondato come Tardy & Benech nel 1861, che nel corso della Prima e della Seconda Guerra Mondiale contava circa 5.000 dipendenti, e che – cambiando più volte il proprio nome (Bochumer Verein, Terni, Siderurgica Savonese, ILVA, Italsider, NuovaItalsider, OMSav) – ha chiuso i battenti in modo definitivo nel 1994.
Oggi sulla spianata dove si trovava l’ILVA, affacciato alla Vecchia Darsena del Porto di Savona, troviamo il palazzo del Crescent progettato da Ricardo Bofill; di quello stabilimento resta una ciminiera, e nient’altro, mentre nella memoria collettiva ha già iniziato a dissolversi…

 

 

Delineare la storia di una fabbrica è il movente per parlare del tempo, del passato, dell’oblio. L’impatto che le modifiche sociali, economiche e urbanistiche hanno su una organizzazione sociale non si misurano solo con dati quantitativi, bensì con parametri e strumenti altri, differenti.

La fabbrica dell’ILVA-Italsider, che ha attraversato oltre un secolo di vita nazionale (e locale, a Savona), appartiene ora a un tempo che è scomparso. Rintracciare gli ultimi testimoni di quell’epoca, portare all’evidenza avvenimenti precipitati nell’oscurità, restituire all’oggi il respiro di un’epoca è l’obiettivo del film, attraverso una selezione di fatti, di accadimenti, di eventi, di testimonianze, di frammenti, di rovine.
Gli eventi rilevanti sono numerosi e significativi. Il primo, in ordine di tempo, è la creazione nei reparti della fonderia e carpenteria della fabbrica, di alcune opere scultorie per Il Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1962, tra cui la maestosa opera di Alexander Calder, il Teodelapio, sorta di fossile di un dinosauro ferroso.

 

 

Tornando indietro nel tempo, in un viaggio che assomiglia ad una esplorazione archeologica e geologica, incontriamo un evento, epocale, come quello relativo all’occupazione della fabbrica – per alcuni mesi – all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso. Più indietro, approfondendo la ricerca, torna in superficie un’altra storia, la cui memoria si è persa, che è legata all’occupazione nazifascista, quando uno dei primi scioperi di guerra si è concluso con deportazioni indiscriminate.

E ancora, oltre i confini delle testimonianze dirette, oculari, nei primi anni del secolo scorso, la vita di una cittadina (e della propria acciaieria) conservano, dimenticate, storie che vale la pena rintracciare, come quelle del Biennio Rosso, delle migrazioni e delle lotte operaie a cavallo tra ‘800 e ‘900…
Storie che ci raccontano molto più dei semplici fatti che narrano, ma che aprono degli squarci sul temperamento e sul carattere che il nostro comune passato ha posseduto, e che forse in parte – nascosto e quasi cancellato – conserviamo ancora oggi in noi stessi.

 

 

SOGGETTO

Le immagini del luogo, oggi, sono il punto di partenza dell’indagine. Un uomo, presente, di fronte al palazzo del Crescent, che ha sostituito la fabbrica dell’Italsider, ci guarda attraverso la mdp, e ci trasmette lo spaesamento e la fisicità complessa rappresentata dall’ambiente urbano in cui si trova immerso. Una voce, che riflette sulla memoria dell’uomo, che è labile e fragile al cospetto del tempo (e del potere di cui il tempo stesso dispone), ci accompagna in una ricognizione aerea di quel luogo, di quel contesto.

I filmati e le fotografie d’epoca, sovrapposte alle testimonianze di chi c’era, di chi è rimasto, di chi per vari motivi – studio, ricerca, parentela, diretta partecipazione e frequentazione – è a conoscenza non solo dei fatti, ma ha assaporato il respiro di un’epoca che non esiste più, che è scomparsa, che è stata abbandonata alla retorica e a una visione bidimensionale, senza profondità e spessore, ci forniscono una serie di indizi per ricostruire un ritratto di una stagione, di un periodo storico che è vicino, ma al tempo stesso è sprofondato nell’oblio, come un’epoca preistorica, lontana, sgretolata, assente.
Interventi di animazione, realizzati direttamente sulle immagini, sui filmati, sui reperti storici e iconografici contribuiscono a rappresentare graficamente i cambiamenti e le mutazioni che questa porzione di territorio hanno avuto, nel corso del tempo, in questa area.
Nell’alternanza di questi molteplici elementi, si cercherà di tratteggiare il profilo, il respiro e la consistenza di un’epoca, rivolgendo inevitabilmente l’indagine a cosa sia rimasto in vita oggi. I fattori a disposizione per creare la drammaturgia sono: un uomo, sul luogo dei fatti, oggi; una voce, distaccata e onnisciente, che riflette e stimola; i testimoni che hanno attraversato quel lungo periodo; studiosi, ricercatori ed esperti, che volgono il proprio sguardo all’abisso che rappresenta il passato; immagini, filmati, cartoline, foto d’epoca e animazioni, che potentemente trasmettono il tumultuoso andamento di quei processi vitali.

 

 

APPUNTI PER IL TRATTAMENTO

Immagini di stratificazione terrestre. Titoli di testa. Nero.
Un uomo, in una piazza sul mare, battuta dal vento, deserta. Quest’uomo è circondato da moderni edifici. Il suo monologo con la mdp parla di un passato che è scomparso. Di un presente che non ha nulla a che vedere con la stagione della sua giovinezza, di una città che è cambiata per sempre. «Io c’ero. Io so. Non potete capire! Qui, esattamente in questo posto, il mondo era altro. Era un luogo convulso, pieno di gente, di operai, di lavoro, e la vita era differente. Ma non me lo sono immaginato! Io ero bambino, e qui c’era una fabbrica. Esattamente qui c’era l’ingresso della fabbrica, laggiù la carpenteria, in fondo poi…».
Le immagini decollano, e perlustrano questo luogo attraverso un volo che plana su tutta la darsena della città di Savona. Una città di provincia, come tante altre, segnata per oltre un secolo da una forte componente industriale, anche a livello urbanistico, con la fabbrica situata nel cuore della città, e contraddistinta da una grande massa di operai nel proprio tessuto sociale.

Il film parla di questa mancanza, di questa perdita, di questa modifica, di questa mutazione profonda. Cerca di farlo attraverso una polifonia, di voci, di testimonianze, di riflessioni. Contemporaneamente una voce recita: «Uno spazio non è mai il risultato di una genesi istantanea. E’ un processo, una trasformazione continua, dettata dalla somma di molteplici elementi, piuttosto che dalla loro sottrazione, o dalla loro erosione, consunzione e – nel tempo – dalla successiva stratificazione di tutti questi agenti. Parlare di un luogo significa inoltre effettuare una ricognizione che tenga conto delle interazioni che questo ambiente ha avuto con chi lo ha abitato, con un contesto sociale che è in parte determinato e che a sua volta definisce l’aspetto, le personalità, le caratteristiche che quel territorio ha. Dobbiamo perciò intraprendere una esplorazione, uno scavo archeologico, oggi, una ricerca scientifica da costruire attraverso tracce, fossili, rovine, indizi e testimonianze, per scoprire se quest’epoca sia veramente esistita e – incidentalmente – provare a comprendere com’era».

Mentre il discorso procede scopriamo immagini d’epoca della città, della propria area industriale di fronte al porto e alla parte medievale della città vecchia, attraverso filmati e foto d’archivio. Una voce si sovrappone: è quella di Romano Mirengo, operaio Italsider, che ha realizzato la scultura di Calder, a partire dal bozzetto fornito dallo stesso scultore statunitense. Per realizzare il Teodelapio, alto ventisette metri, è stato moltiplicato oltre venti volte il modellino originale. Romano ci racconta il processo di lavoro, complesso ed entusiasmante, che l’ha portato a lavorare con Calder. La scultura, presente ancora oggi a Spoleto, è la testimonianza più evidente e forte di quell’epoca, è il fossile di un dinosauro, muto e potente, che silenzioso ci interpella.
L’uomo sulla piazza è ancora là. Il suo compito è di trovare una prova di quel passato ancora oggi, in quella piazza, di fronte al nuovo edificio. La sua strategia è di descrivere quel luogo attraverso la propria memoria, impalpabile ed astratta, rispetto alla fisicità di oggi. Il suo ruolo è di porre questioni, di domandare incessantemente, di interrogarsi e chiedere le ragioni di queste modifiche, di questo ineluttabile oblio. La sua è una ricerca che sembra senza speranze, il suo monologo è l’esplicitazione di questi dubbi, il suo incedere è la concretizzazione del suo movente.
Ma la foto dei figli degli operai alla mensa popolare della fabbrica, negli anni dell’occupazione, delle loro madri e dei loro padri, lavoratori che stavano difendendo la propria occupazione ci portano altrove. La voce incalza: «E’ possibile che il presente nel quale siamo immersi escluda la possibilità stessa che sia esistito un passato? Se ci accorgessimo – improvvisamente – che siamo figli di una stagione che sembra non essere mai esistita? Che proveniamo da un contesto storico che forse nemmeno ci appartiene, che parla un’altra lingua, che giunge fino a noi da un’altra dimensione, da un’epoca troppo remota per essere contigua a quella in cui viviamo?».
Le immagini del passato prendono piede, le antiche ciminiere, scomparse, appaiono nel panorama odierno, prima attraverso un tratto disegnato, immateriale, sopra lo scenario presente, e poi, in dissolvenza, attraverso le cartoline d’epoca, i filmati storici, le fotografie.

Il passato ritorna.

 

 

 

 

 

SOGGETTO E IPOTESI DI TRATTAMENTO

L’idea del documentario è di presentare voci dal passato in una struttura organica e coerente.
In più, cercare nel tessuto sociale di oggi, attraverso le voci dei giovani, dei nuovi cittadini, degli studenti, che contraddistinguono la contemporaneità, le tracce residue di quel passato, di quella memoria, per indagare, sulla superficie dei volti, il senso del tempo trascorso
Le interviste e le testimonianze delle voci di ieri sono state (e continueranno ed essere) realizzate attraverso lo strumento dell’intervista frontale, con telecamera fissa, in location predisposte per l’occasione. Le opinioni dei giovani, al contrario, saranno registrate in ambienti come la classe, la strada, i luoghi di ritrovo, con la tecnica e lo stile dell’inchiesta, con macchina da presa a mano, e la presenza di una voce interrogante. I due stili visivi e linguistici dovranno svolgere compiti discorsivi complementari, sviluppando una dialettica evidenziata dal montaggio, che intende restituire questo ipotetico contrasto, contraddistinto dai reperti (foto, cartoline, filmati) e dalle testimonianze di oggi e di ieri, attraverso una struttura dinamica e una narrazione coinvolgente.
Il filmato, tramite una serie di presentazioni per le scuole medie inferiori e superiori, da organizzare presso il Nuovofilmstudio, può essere un primo dispositivo per conoscere il passato del territorio in cui viviamo, e può costituire uno dei varchi temporali per riconoscersi in un ambiente culturale che è quello della città in cui si vive, si studia, si cerca di lavorare. Invitando alle proiezioni i protagonisti stessi delle interviste, tra cui i testimoni diretti di quel tempo, si cercherà di stabilire un canale comunicativo in grado di generare un confronto concreto tra chi quell’epoca l’ha vissuta o studiata nelle sue articolazioni profonde e chi ha la possibilità di conoscerla solo di riflesso.

 

L’ETÀ DEL FERRO

un film di Diego Scarponi

sceneggiatura di Diego Scarponi – Roberto Maina – Grazia Stella – Sandro Bozzolo

fotografia di Diego Scarponi – Alessandro Ingaria – Sandro Bozzolo

suono in presa diretta di Andrea Tessitore – Giulio Catelli

montaggio di  Silvia Caracciolo – Diego Scarponi

produttori esecutivi Vanessa Solinas – Alessandro Ingaria

voce over Andrea Pierdicca

musiche

Elena Duce Virtù
Orchestra Sinfonica di Savona
Overkill Army
DSA Commando
Jan Maio
Marta Giardina
A Brigà

sound design di Jan Maio

supervisione scientifica di Prof.ssa Augusta Molinari (Università di Genova)

grafica e illustrazioni di Alex Raso

ufficio stampa Davide Bauzano

coordinamento Felice Rossello

con la partecipazione di

Gianni Briano Mr Puma
Andrea Lisa Palmieri
Giuseppe Fasino
Cesare Strazzarino

vox populi

Simone Peluffo
Arturo Colla Ruvolo

con la collaborazione degli studenti

Giulio Catelli
Andrea Lisa Palmieri
Giovanni Borrello
Lita Cheng
Lorenzo Martellacci
Sandra Mazzeo

prodotto da

gargagnànfilm
Associazione Culturale Geronimo Carbonò
VolaFilm
Laboratorio Audiovisivi Buster Keaton

in collaborazione con

nuovofilmstudio

con il contributo di

COOP Liguria
SPES S.c.p.a.
Provincia di Savona
Camera del Lavoro di Savona
Associazione Culturale Gigi Cuniberti
ANPI Savona
Società di Mutuo Soccorso Aldo Cailani
Regione Liguria – Assessorato Turismo e Cultura
ISREC Savona

con il sostegno di
Università degli Studi di Genova
Corso di Laurea di Scienze della Comunicazione
Campus Universitario di Savona
Genova Liguria Film Commission

media partner
IL SECOLO XIX

con il patrocinio di

Comune di Savona

archivio filmico

Centro Studi Libertari – Archivio Pinelli Milano
Cineteca di Bologna
Fondazione Ansaldo Genova
Archivio RAI Teche Genova
Cironfilm di Pino Cirone e Maria Scarfì
Giorgio Preteni
Angelino De Rosas
C.U.L.P. – Compagnia Unica Lavoratori Portuali Savona S.c.a.r.l.

archivio fotografico

Piccardo
Chionetti
Gallotti
Storia Patria
Brilla
Camera del Lavoro
Pinacoteca di Savona
ISREC
ANPI
Associazione Culturale Gigi Cuniberti
Fondazione Ansaldo
Coop Ames

archivo periodici

Biblioteca Comunale Barrili di Savona

interviste

Aldo Pastore
Angelo Farfazi
Augusta Molinari
Bruno Lugaro
Bruno Marengo
Camillo Anselmo
Carla Cantini
Claudio Cavallin
Dalmazio Montonati
Fabrizio Poggi
Felice Rossello
Francesco Rossello
Gianfranco Quiligotti
Gianni Bacino
Giorgio Amico
Giorgio Preteni
Giovanni Gallotti
Giulio Lippi
Giuseppe Milazzo
Lino Alonzo
Livio di Tullio
Luciano Guarena
Marcello Penner
Marcello Zinola
Maria Bolla
Mario Conterno
Marino Lagorio
Marisa Siccardi
Mauro Baracco
Michel Perloff
Norma Ginola
Pierangelo Badano
Pierluigi Ferro
Piero Ballini
Rita Vallarino
Rodolfo Badarello
Romano Mirengo
Samuele Rago
Santo Imovigli
Sebastiano Tringali
Silvio Ricci
Silvano Ulivo
Tommasino Fiorito
Umberto Scardaoni

si ringrazia

Francesca Pesce
nuovofilmstudio
Marco Genzone
Claudio Gilio
Fabrizio Ferrero
Serafino Scarponi
Bruna Scotto
Zenit Arti Audiovisive Torino
ErreErre Torino
Mauro Baracco
Chiara Poli
Lorenzo Garetto
Lorenzo Martellacci
Giorgio Rinolfi
Lorenzo Marcenaro
Maurita Cardone
Vision4ria
Maria Scarfì
Giovanni Daniele
Luciana Taddei
G.E.P.
Sardegna Abbandonata
Simone Pellegrini
Sarah Falasconi
Serena Gargani
Marino Lagorio
Italo Calvino
Eric Hobsbawm
Giuseppe Cava

tutte le interviste
inserite nel documentario
sono visibili in versione estesa
sul canale youtube del Laboratorio Audiovisivi Buster Keaton
labaudiovideosdc:

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gargagnànfilm – Associazione Culturale Geronimo Carbonò
VolaFilm – Laboratorio Audiovisivi Buster Keaton

2013

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